
06. Piazzetta gentile – Le Coltivazioni
Nella vigna piantavamo grano, ceci, fave. C’erano gli ulivi.
Noi, fin da piccoli, sapevamo sopravvivere perché conoscevamo le erbe dei campi.
Mangiavamo cardele, scapirui, grixelui e “tutu chelu che se puxia mangia”.
Mia madre raccoglieva le olive. Allora si raccoglievano a mano.
Quando ero piccola mi portava con sé, perché mi dava ancora il latte, e ogni tanto si fermava per allattarmi.
L’otto settembre le olive andavano all’incanto.
Mia madre aveva un “occhio fino”: nei giorni precedenti andava a vedere gli uliveti migliori. A occhio diceva quante olive ci sarebbero state. Non sbagliava mai.
Poi le portava nei frantoi di Vallebona, e lì le restituivano l’olio, che veniva messo in otri di pelle.
In quel periodo c’era la guerra e c’era il coprifuoco.
Mentre lavorava negli ulivi, mia mamma seppe che mio papà stava tornando dopo cinque anni.
Era scalza, sporca del nero delle olive, con le gambe nere. Ma partì di corsa ad abbracciarlo.
Lui la vide arrivare così, tutta nera, spettinata, scalza — e felice.
In tempo di guerra, un chilo di farina si barattava con un litro d’olio. Il riso valeva un po’ meno. La carne si mangiava raramente.
Io portavo 30 chili di grano in bicicletta fino al mulino di Ospedaletti, e poi andavo a San Biagio. In salita portavo anche un’altra persona. La strada era di terra e ghiaia.
C’erano tanti ulivi e vigneti. Il tempo della vendemmia era spettacolare: si sentiva il profumo dappertutto e il rumore dei torchi che lavoravano. Era magnifico. I muli trasportavano le bigonce.
Nei campi si coltivavano anche angurie e meloni.
Era una valle fertile, piena di limoni e arance amare. Era il paese dei profumi.
Con i fiori d’arancio si facevano le essenze. Vallebona era rinomata per questo.
Si raccoglievano più di mille quintali di fiori. I caruggi profumavano.
Quando ho sentito quel profumo intenso ho detto: «Io da qui non me ne vado più.»
I fiori hanno portato il benessere.
Si piantavano la tuberosa — con il suo profumo delicato — e la ginestra, che valeva ancora di più. Tre o quattro varietà di mimosa.
In quel periodo si sacrificarono gli ulivi e le vigne, perché la ginestra si vendeva meglio.
Poi è arrivata l’essenza sintetica, e anche i fior d’arancio sono scomparsi.
I campi si sono riempiti di fiori: garofani, rose.
Io e mia moglie partivamo da Vallebona a mezzanotte con rose e margherite, per andare al mercato di Sanremo. Bisognava arrivare tra i primi, altrimenti non c’era più posto.
La corriera aveva un carretto dove si mettevano le ceste.
Tornavamo verso le nove del mattino e andavamo subito nei campi, prima che facesse troppo caldo.
Dormivamo pochissimo. Tre o quattro ore, non di più.
Ho sempre lavorato in campagna.
Ho scavato intere campagne. Ho fatto tanti muri a secco. Tanti, tanti…
Ho faticato tanto.